Io, Zagor e Toninelli - 10,11, 12, 13, 14 e 15
Quinto appuntamento con il commento delle storie di Zagor scritte da Marcello Toninelli ristampate nel bel formato di Repubblica. A partire dall'avventura Zagor contro Zagor la serie si avvale della sua prima ristampa (per fortuna, in versione rivista e corretta): com'è ormai noto, quella edita dalla Bonelli (TuttoZagor) aveva cessato le pubblicazioni con il numero 235, con l'avventura Il marchio dell'infamia. Tra l'altro, seppur conosciamo in gran parte chi siano gli sceneggiatori, ora il loro nome verrà definitivamente ufficializzato. Tutte le schede, da cui ho tratto alcuni stralci (con delle modifiche qua e là), sono state pubblicate nello Zagor Index 201-300.
Buona lettura.
Buona lettura.
Zagor contro Zagor
La scheda è stata redatta da Giampiero Belardinelli.
Uno Zagor per nemico
Toninelli
ha costruito una storia che mescola abilmente lo
stile narrativo un po’ naïf dello Zagor
anni Sessanta con quello maturo degli anni Settanta. Inoltre ha recuperato
un nemico storico apparso
nell’avventura I due sosia (*ZAGOR 4/5): Olaf Botegosky,
il sosia dell’eroe ideato da Ferri
nel periodo in cui scriveva anche i testi. L'uomo è stato utilizzato magistralmente, grazie a un dirompente
effetto sorpresa. Toninelli,
all’inizio, ha abilmente nascosto l’identità del personaggio coinvolto nel
complotto ordito dal capitano Macrae,
ma soprattutto non ci ha mostrato il momento in cui il sosia si è sostituito a Zagor. Quindi, possiamo immaginare lo
straniamento dei lettori quando, non sapendo che ad agire fosse Botegosky, hanno visto lo Spirito con la Scure aggredire
brutalmente i suoi amici Kiowa.
All’autore va riconosciuto l’indubbio merito di aver realizzato una situazione di notevole impatto emotivo.
Cinismo & utopia
L’avventura,
oltre a un aspetto puramente dinamico, si arricchisce di profonde sfumature
etico-razziali. A sottolineare la sua intensità è opportuno riportare
l’interessante scambio di vedute tra il tenente Savery, il capitano Macrae e Zagor. Dice il tenente: Andiamo,
Zagor! Voi sapete meglio di me che
gli indiani hanno una concezione di vita troppo diversa dalla nostra perché sia
mai possibile una reale integrazione tra noi e loro! Il capitano aggiunge: Anch’io credo che le insanabili differenze
tra le due razze porteranno, attraverso scaramucce, velleitarie rivolte o vere
e proprie guerre, all’estinzione dei pellerossa… Ribatte il tenente: Già… e tutto questo costerà intanto migliaia
di vite umane: soldati, trapper, mercanti e pacifici coloni cadranno sotto i
colpi degli indiani. Da un punto di vista freddamente logico, sarebbe
auspicabile effettuare subito una
massiccia offensiva contro il popolo rosso! Eliminati gli indiani verrebbero
eliminati questi problemi! A questo punto, indignato, interviene l’eroe,
con un discorso che è un compendio di tutta la sua filosofia: Io continuo a credere che si possa vivere
fianco a fianco con gli indiani… e per fare in modo che ciò si realizzi, sono
pronto a battermi contro ogni nemico della pace… compresi i sostenitori di
ciniche teorie che, nascondendosi dietro pretese verità scientifiche,
dimenticano il diritto che ogni essere
umano ha di vivere!
Winter Snake |
I discorsi dei
due ufficiali rivelano una concezione della vita che non si discosta poi molto
da quella teorizzata dai gerarchi nazisti sulla purezza della razza e che si
contrappone alla concezione di pacifica convivenza ambita da Zagor.
Winter Snake? Un amico!
Nell’avventura
ritorna un personaggio di notevole spessore: Winter Snake, il fiero capo dei Kiowa apparso per la prima volta ne La marcia della disperazione (*ZAGOR
112/116) come nemico sui generis
dell’eroe. Come auspicato al termine di quell’epica avventura, lui e Zagor sono ora amici. Ma anche in
questa storia, il rapporto tra i due scivola, per colpa di cinici uomini bianchi, sul terreno dell’equivoco e
dell’inganno. Zagor però, in virtù
della sua generosa lealtà, riesce in
seguito a ottenere la fiducia di Winter
Snake: d’ora in poi saranno costantemente l’uno al fianco dell’altro come
difensori dei diritti del popolo rosso. Toninelli,
a parer mio, con Winter Snake ha
realizzato una buona interpretazione del fiero personaggio.
Agguato all'alba
La scheda è stata redatta da Giampiero Belardinelli.
Conflitti generazionali
Questa
ennesima storia realizzata da Toninelli
ha un incipit discretamente interessante, basato sui conflitti
generazionali e sul confronto fra opposte visioni della vita. Da una parte c’è
chi preferisce chiudersi nei confronti del mondo esterno con la speranza che
ciò serva a conservare i valori di unità della famiglia; dall’altra c’è chi
crede giustamente allo studio e quindi nella cultura come unica forma di
emancipazione dall’ignoranza e dallo sfruttamento.
Un'esile trama gialla
Il racconto,
nel proseguo, scende però notevolmente di tono. L’esilità della trama gialla è infatti mascherata da deboli
colpi di scena e anche la rivelazione finale è totalmente insoddisfacente e
poco appagante. L’autore senese ha voluto riallacciarsi allo *ZAGOR delle primissime storie nolittiane, senza però riuscire ad
eguagliarne la freschezza narrativa.
La morte nell'aria
La scheda è stata redatta da Giampiero Belardinelli.
Gas AV-710
L’introduzione
nella saga di *ZAGOR di un’arma di
sterminio avveniristica rispetto al periodo in cui si svolgono le avventure del
personaggio (tra il 1830 e il 1840) è decisamente intrigante e mostra la
volontà di Toninelli di creare delle
situazioni di estremo pericolo, che mettano in luce le capacità dell’eroe di
venirne a capo. Purtroppo, lo sceneggiatore tende a circoscrivere la vicenda
intorno ad avvenimenti minimi, che
finiscono per smorzare le potenzialità del racconto. Il cattivo della storia, il sergente Marmaras, vuole semplicemente
approfittare dell’invenzione di Verybad
(il Gas AV-710) per impadronirsi
delle paghe di tutta la guarnigione di Fort Bend, senza intuire la possibilità
di vendere la terribile arma a qualche potenza straniera o a dei criminali con
scopi molto più devastanti. La vicenda, quindi, si risolve in un frettoloso
inseguimento, pur se insolito, a dei criminali che, tra l’altro, riescono
continuamente a beffare l’eroe.
Verybad |
Il diabolico Verybad
Inoltre, la caratterizzazione del professor Verybad è più seriosa (anche se Toninelli non lo stravolge) mentre quella nolittiana era più parodistica.
Futuro apocalittico
Nel racconto, per fortuna, non mancano dei momenti felici, in particolare nelle scene in
cui Zagor insegue i sui avversari con una maschera antigas. Insinuano nell’animo un’angosciante
sensazione di straniamento e in esse troviamo una dirompente descrizione di un
possibile futuro apocalittico (ciò che accadde nella Prima Guerra Mondiale, in
cui fu fatto un uso massiccio di gas
antiuomo, è tristemente noto). Inoltre, è anche apprezzabile la scelta
di inquadrature verticali che, grazie alla regia di Toninelli, Donatelli rende con molta efficacia.
Il battello degli uomini perduti
La scheda è stata redatta da Giampiero Belardinelli.
Un viaggio simbolico
Un’avventura
fluviale realistica e quasi minimalista. Toninelli,
in questa occasione, preferisce non
cimentarsi con le tematiche epiche del capolavoro nolittiano Odissea americana — il rischio di
rimetterci nel confronto era quasi inevitabile —, ma opta su argomenti più in
linea con le sue corde di scrittore. Il racconto è anche un viaggio simbolico
nell’animo umano, nei diversi caratteri che, messi dinanzi a delle
responsabilità, mostrano l’autenticità delle loro personalità. È il caso
dell’alcolizzato Oscar Pronzini, il
quale non esita ad abbandonare i compagni pur di soddisfare il suo bisogno di whisky; egli dovrà subire la dura e
sacrosanta reprimenda di Zagor, ma
da quell’esperienza ne uscirà un uomo nuovo
che, con ammirevole ostinazione, saprà riconquistare la fiducia dell’eroe e
soprattutto riprendersi la dignità perduta.
La cultura dei Vigilantes
La storia è
anche una condanna alla cultura dei vigilantes. La River
Patrol, guidata dal bieco O’Bannion,
utilizza metodi mafiosi e vuole
sostituirsi alle autorità governative imponendo un regime di morte e paura contro chiunque tenti di ribellarsi. Per fortuna, sulla sua strada ha
trovato uomini come Zagor e Greg, che hanno nell’animo lo stesso
limpido sogno di libertà.
Un'avventura corale
Il piano che
metterà fine all’esistenza della River
Patrol viene però escogitato da uno dei comprimari, Kaplan, e non dall’eroe: una scelta magari non felicissima, ma che
evidenzia il desiderio di Toninelli
di esaltare il carattere corale
dell’avventura. Tuttavia, spetterà a Zagor
togliere di mezzo il bieco O’Bannion:
un segno inequivocabile dell’importanza che ogni eroe deve avere all’interno di
un racconto d’avventura.
Banack, l'eroe scnosciuto
La figura di Banack, invece, resta tutto sommato in
secondo piano: la sua presenza è certo funzionale alla riuscita dell’impresa
dei nostri eroi, ma purtroppo non vengono chiarite a sufficienza le situazioni
che hanno portato alla nascita di un’amicizia così solidale tra lui e Zagor.
Terra maledetta
La scheda è stata redatta da Giampiero Belardinelli.
Un'avventura psicologica
Marcello
Toninelli, con questa storia, raggiunge vertici
creativi notevolissimi, coniugando avventura psicologica e ambientazioni
fantastiche in maniera esemplare, un po’ come fece Nolitta in Odissea americana (*ZAGOR 87/89). I personaggi introdotti
dall’autore senese sono vivisezionati e
approfonditi con un lirismo intenso ed evocativo. All’interno della compagnia
teatrale di Lon Darnel troviamo un
piccolo microcosmo di caratteri: Lon è
un uomo colto e privo di pregiudizi, che ha saputo capire il dramma di Bush (un ragazzo portato da elementi
senza scrupoli sulla cattiva strada,
come nell'omonima canzone cantata da Fabrizio De André, scritta insieme a Francesco De Gregori) e gli ha dato, attraverso l’arte, una nuova
possibilità di riscatto. È significativo che Zagor, anch’egli consapevole del dramma del giovane, rivolgendosi a
un tipaccio sputasentenze dica: Chiudi il
becco, grandissimo idiota, quel ladro è solo un povero ragazzo impaurito… e
sono stati gli imbecilli privi di sensibilità come te, a renderlo così
timoroso! Questa frase mette in luce uno degli aspetti della complessa
personalità dell’eroe: Toninelli evidenzia come lo Spirito con la Scure non sia un banale
castigamatti, ma un uomo che, prima di condannare, sa interrogarsi sui perché
delle azioni. Anche lo sceriffo Trevor
è un personaggio ricco di umanità, non uno di quegli uomini di legge in cerca
di un colpevole qualsiasi da dare in pasto all’opinione pubblica. Egli pagherà
con la morte il suo irraggiungibile desiderio di verità: uno dei tanti oscuri
uomini di legge che, nell’anonimato, si sacrificano per un sempiterno ideale di
giustizia.
In un mondo da incubo!
L’avventura è
anche e soprattutto un viaggio in un luogo dove la natura ha seguito
un’evoluzione al di fuori delle regole conosciute, come nel romanzo Un mondo perduto di Arthur Conan Doyle (il creatore del detective Sherlock Holmes).
In un’atmosfera da incubo, attraverso una terra popolata da terribili creature,
il gruppo di uomini è costretto a convivere con un angosciante e opprimente
senso di impotenza e imminente tragedia. La narrazione, infatti, ha il ritmo
dell’epos omerico, dove i
sopravvissuti restano segnati ineluttabilmente dal tragico destino che ha
portato via molti dei loro compagni di avventura. Da notare, inoltre, l’omaggio
a un’avventura di Flash Gordon nelle
sequenze della folle cavalcata che i nostri eroi compiono in groppa a una sorta
di struzzi preistorici, segnalato già nello
Speciale Zagor di Collezionare
(scritto da Burattini, Manetti e Monti) a pagina 11.
I guerrieri della città sepolta
La scheda è stata redatta da Giampiero Belardinelli.
Città perdute
Le città nascoste sono un patrimonio
letterario lasciatoci da scrittori come Henry
Rider Haggard e Edgar Rice Burroughs,
che ci hanno narrato, ad esempio, delle immaginifiche Kaloon e Kor il primo e
di Opar il secondo. In quelle città perdute incontriamo principesse
bellissime e crudeli, uomini ammaliati dal loro perfido fascino, gioielli
favolosi… Toninelli, però, non ha
saputo sfruttare al meglio un argomento così ricco di spunti avventurosi,
limitandosi a imbastire una trama in cui tutto è giocato su un intrigo familiare poco interessante. In
questa storia, tra l’altro, mancano anche quegli aspetti di esotismo che, nella
stessa saga zagoriana, sono stati sfruttati con risultati discreti ne La città nascosta (*ZAGOR 50/51), di Melloncelli
e Donatelli, e addirittura
eccezionali in Agli ordini dello zar (*ZAGOR 125/128), di Nolitta e Donatelli. L’avventura toninelliana, inoltre, è debole nella
caratterizzazione del villain di
turno e dei comprimari, che in effetti sono abbastanza ordinari e indeterminati
nelle psicologie.
Mi trovo decisamente d' accordo con gli articoli. L' 85 fu un anno a tutto o quasi Toninelli con risultati altalenanti. Più che discreta "Zagor contro Zagor" con spunti come scritto sopra interessanti, abbastanza godibili, ma niente di eccezionali "Agguato all' alba" e "La morta nell' aria" con le migliori, e guarda un po, le più lunghe, che sono "Il battello degli uomini perduti" (con le avventure fluviali zagoriane si va sul sicuro! XD) e "La palude dell' orrore", due belle avventure corali in cui Toninelli riesce a ben caratterizzare più o meno tutti i vari personaggi. Quest' ultima è tra le mie preferite dell' autore.
RispondiEliminaChiude "I guerrieri della città sepolta" che è anch' essa abbastanza godibile, ma non si ricorda tanto alla fine.