Io, Zagor e Toninelli - 4, 5, 6, 7, 8 e 9
Dopo l'intuizione di Marcello Toninelli di fare delle sue memorie zagoriane un libro, ho deciso di riprendere l'iniziativa, raccogliendo, in appuntamenti a cadenza mensile, più avventure in un unico post.
Però, come potete immaginare, non troverete più le mini interviste a Toninelli, ma ci saranno sempre degli stralci tratti dagli Zagor Index (in questo caso il 201-300), con aggiunta di curiosità e aggiornamenti ove fosse necessario... Buona lettura.
Dopo
la parentesi innovativa dell’avventura precedente, Toninelli si cimenta
ancora nel recupero di vecchi comprimari nolittiani. Sono addirittura due i ritorni
orchestrati. Il primo – sicuramente il più interessante – è quello di Satko,
il simpatico indiano acculturato comparso in una vivace avventura degli anni
Sessanta (*ZAGOR 45/46). Toninelli non si è limitato a una
ripresa statica del character: si è invece arrischiato a svilupparlo. In
questo episodio scopriamo dunque che il giovane ha coronato la storia d’amore
di cui fu protagonista anni prima e ha sposato la bella Linda Benson. Il
bizzoso padre di lei ha purtroppo lasciato questa valle di lacrime, ma
in compenso Satko e Linda hanno sfornato un simpatico marmocchio
di nome Skipper. Il giovane Cherokee ha inoltre messo a frutto i
suoi studi diventando avvocato: e non dei peggiori, visto che, per scagionare Zagor
al processo, sfoggia un espediente tipico dei telefilm del più celebre collega Perry
Mason. Toninelli si è dimostrato molto abile nel recupero del
personaggio e, pur attenuandone gli aspetti scanzonati, ne ha mantenuto intatto
lo spessore psicologico. Nella vecchia avventura di Nolitta, Satko
si riprometteva di mettere la propria cultura al servizio del popolo rosso. In
questa storia la promessa è stata mantenuta.
La
scheda è stata redatta da Angelo Palumbo.
Davvero
insolito questo episodio, in cui Zagor, momentaneamente esonerato dai
suoi compiti di giustiziere di Darkwood, viene acquistato come giocatore
straniero dalla nazionale di Baggatiway dei Winnebago. È
decisamente interessante vederlo impegnato in un gioco di squadra anziché in un
duello o una scazzottata. D’altro canto, Toninelli ci mostra in questa
vicenda un volto sconosciuto degli indiani, che, nella realtà storica erano
molto amanti del gioco. La disciplina sportiva in cui si misura il nostro eroe
era realmente praticata (e lo è tuttora) dalle tribù delle foreste del nord (Winnebago,
Chippewa, Fox e altre ancora). È conosciuta soprattutto con il
nome di Lacrosse (da Prairie Lacrosse, sede del raduno annuale
dei Winnebago dopo le cacce invernali) ed è un gioco molto rude, le cui
regole consentono l’uso della violenza per sottrarre la palla agli avversari.
Non a caso, nell’avventura viene definito Il piccolo fratello della guerra.
Toninelli si è ben documentato in questa vicenda, anche se, per esigenze
di spettacolarità, ha fatto utilizzare ai Winnebago due racchette
anziché una (come nella realtà).
Ancor
più infelice è il modo in cui il ritorno è stato gestito. Eskimo fa una
breve apparizione ad avventura ormai inoltrata e, cosa assurda, non ha nessun
confronto con Zagor. In seguito, i due si ignorano per quasi tutta la
storia e si affrontano solo nelle ultime pagine (quelle guarda caso un tantino
più interessanti). Anziché puntare sulla figura di Eskimo, Toninelli
ha messo in primo piano la banale rivolta da lui capeggiata e il tentato
eccidio ai danni della guarnigione del forte: un tema decisamente ripetitivo,
se si pensa che anche la precedente vicenda (a cui questa si ricollega) ruota
sullo stesso argomento. È evidente il tentativo di Toninelli di
miscelare le atmosfere dei romanzi di James Fenimore Cooper ambientati
fra le tribù del Grande Nord con quelle supereroistiche, ma il cocktail
è stato mal dosato. Il risultato è un’avventura noiosa al novanta per cento e
deludente per il restante dieci per cento.
Storia e leggenda
Marcello
Toninelli ha ormai consolidato la sua posizione di sceneggiatore principale di *ZAGOR. L’elemento base su cui il Nostro ha costruito il racconto è riconducibile allo storico viaggio di Lewis e
Clark. Nell’introduzione al volume Oltre la Frontiera (*Oscar Mondadori, maggio 1994), che
raccoglie i primi cinque episodi della Storia del West di Gino
D’Antonio, Alvise Zentani scrive: Il 14 maggio 1804, Lewis e
Clark partirono da Saint Louis in un pomeriggio piovoso. […] In due anni
esplorarono un territorio immenso, incontrando tribù appena conosciute, allora,
come gli Oto, gli Omaha, i Missouri. […] Scoprirono
fiumi, catene di montagne, cascate, arrivando fino alle terre degli Shoshone
e poi, dopo aver attraversato la Bitterroot Valley, a quelle dei Nez Percez e
delle Teste Piatte. […] E alla fine, dopo aver percorso 7689 miglia,
raggiunsero l’Oceano Pacifico: il loro viaggio (costato soltanto 38.722 dollari
e 25 centesimi), aprendo la strada del West, avrebbe cambiato la storia degli
Stati Uniti. Partendo da questo spunto iniziale, Toninelli ha
imbastito una lunga saga on the road e nel primo albo ha anche
introdotto elementi leggendari e misteriosi come i Burial Mound (furono addirittura studiati dal presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson), sconfinando nel soprannaturale. In questa
fase, il disegnatore Donatelli ha ricreato una notevole atmosfera
spettrale; spiccano le tre vignette verticali di pagina 77, che zoomano
verso il lettore: una scelta grafica di notevole effetto e assoluta modernità.
Per
fare una buona storia, però, non basta la documentazione, ci vogliono
soprattutto dei personaggi interessanti. Qui lo sceneggiatore senese ha dato il
meglio delle sue capacità creative, introducendo delle figure rimaste nella memoria dei lettori. Il protagonista del racconto è Lord Richard
Whyndam detto Beau, mutuato da Toninelli, come ha rivelato nella rubrica postale di *DIME PRESS 13, da un romanzo
di Georgette Heyer, Beau Wyndham. Una curiosità: al contrario del personaggio
della scrittrice inglese, Toninelli ha
volutamente inserito, nel cognome del suo coprotagonista, la h dopo l’iniziale W. Il Nostro, durante il
viaggio, viene a conoscenza della sfaccettata realtà della Frontiera e finisce
per innamorarsi degli immensi, affascinanti spazi che si aprono davanti ai suoi
occhi. Beau, all’inizio, è il solito nobile europeo che
arriva nel West americano alla ricerca di emozioni puramente
epidermiche; in seguito, invece, condividerà con i suoi amici le
sofferenze e la durezza della vita di Frontiera, ma soprattutto, nel periodo di
convivenza con i Mandan, cederà al fascino della cultura indiana e
sposerà addirittura la bella Kee-Noah, con la totale rinuncia
all’agiatezza nobiliare. Del resto, anche il personaggio
letterario della Heyer
compie un suo viaggio – pur se non epico come quello del Whyndam toninelliano – e, dopo aver vissuto per giorni accanto a un’eccentrica ragazza,
verrà indotto a rivedere la sue idee sul matrimonio, che solo poco tempo prima
rifiutava con sarcasmo e ironia.
Però, come potete immaginare, non troverete più le mini interviste a Toninelli, ma ci saranno sempre degli stralci tratti dagli Zagor Index (in questo caso il 201-300), con aggiunta di curiosità e aggiornamenti ove fosse necessario... Buona lettura.
Zagor Collezione Storica, numeri (da sinistra a destra) 85, 86, 87, 89, 90 e 91 |
L’agguato del Mutante
La
scheda è stata redatta da Angelo Palumbo.
Il
super criminale
Davvero
appassionante questo episodio: Marcello Toninelli ha creato un villain
degno della grande tradizione zagoriana. Con quei suoi inquietanti poteri e
l’eccezionale caratterizzazione grafica di Bignotti, Skull
può a buon diritto definirsi uno dei più riusciti avversari dello Spirito
con la Scure. Pochi sono riusciti a mettere in difficoltà l’eroe come ha
fatto lui. Non è semplicemente un criminale spietato: è anche un uomo dotato di
un forte senso dell’onore. Non a caso, risparmia la vita a Zagor per riconoscenza
e ha un rapporto di grande lealtà con i suoi complici, che non esita ad aiutare
quando sono in difficoltà. Anche il confronto che Zagor ha con lui è
piuttosto insolito. Sulle prime, l’eroe è quasi indeciso se combatterlo o
compatirlo, visto che Skull rischia, per la sua diversità, di
essere trasformato in una cavia da laboratorio. Solo dopo aver sperimentato i
pericolosi poteri del criminale, decide di contrastarlo.
ESP
Skull
non è certo un mostro dylandogghiano,
visto che usa i suoi poteri per lucrare. Eppure, nel finale, fa quasi pena
vederlo neutralizzato con quella maschera di legno. Skull è uno
dei primi personaggi bonelliani classificabili come ESP (dotati cioè di
poteri psichici) ed è sicuramente più affascinante dei tanti, troppi emuli che
hanno invaso negli anni successivi le pagine degli albi a fumetti. Peccato che Toninelli
non abbia più recuperato questo suo validissimo antagonista. Ci auguriamo che
ci pensino gli attuali sceneggiatori di Zagor e che lo facciano tornare
più agguerrito che mai.
La
trama
L’autore
ha costruito la trama in modo tutt’altro che lineare. L’ha infatti suddivisa in
tre tronconi molto diversi fra loro. Nel primo Skull è
protagonista assoluto. Nel secondo, invece, sembra uscire di scena e l’episodio
prende uno sviluppo insolito, con Zagor trasformato in criminale (e i
suoi metodi ingegnosi e acrobatici ricordano molto quelli di Diabolik).
Questa fase dell’avventura è forse un po’ sottotono rispetto all’intelaiatura
generale del racconto e appare quasi avulsa dalla prima. Ma nel terzo troncone
i fili si riannodano e l’intelligenza di Zagor riesce ad avere la meglio
sull’imbattibile Skull. È una struttura insolita, forse un po’
imperfetta ma molto intrigante e ha consentito all’autore di mescolare
suggestioni di vario genere, che vanno dal racconto western tradizionale a
quello fantastico di stampo supereroistico.
Zagor
il grande
Anche
stavolta, Toninelli ha saputo sfruttare al meglio i due protagonisti
della serie. Ha creato delle divertenti gag per Cico (riportando
ancora alla ribalta Trampy e recuperando l’attitudine del pancione ai
travestimenti) e ha saputo interpretare alla perfezione il carattere
problematico di Zagor. L’eroe appare pieno di dubbi ed è veramente
insolito il fatto che, nella prima fase dell’avventura, arrivi a salvare la
vita del suo avversario pur sapendo che questo lo metterà nei guai. Per lui,
infatti, criminale o no, Skull è pur sempre un essere umano. Zagor
si comporta realmente da ultimo paladino: a molti potrà non piacere questo suo
modo di agire, ma è sempre meglio un eroe idealista come lui dei tanti
personaggi cinici e privi di onore come Mc Ginley, pronti a sparare a
tradimento per un pugno di dollari. Ma lo Zagor di questa avventura è
anche determinato e pronto a tutto. Pur di raggiungere i propri scopi, non
esita a rinunciare al suo nome e a trasformarsi prima in un saltimbanco e poi
in un rapinatore. Esaltante il finale, in cui, con un incredibile sforzo di
volontà, Zagor riesce a contrastare i poteri psichici di Skull
e a batterlo.
Il ritorno di Satko
La
scheda è stata redatta da Angelo Palumbo.
Finisce
la Silver age
Con
questo interessante episodio di Toninelli e Donatelli si chiude
definitivamente l’età argentea zagoriana. Da questo momento in poi, la qualità
media delle avventure si abbasserà notevolmente e inizierà una graduale perdita
delle caratteristiche tipiche dello Zagor classico. In particolare verrà
meno lo spessore psicologico dei racconti e di rado vedremo Zagor in
gran forma e pienamente protagonista come qui.
Ritorni
incrociati
Satko |
Spunti
di riflessione
Non
mancano validi motivi di riflessione. È ironico il finale, in cui scopriamo che
Caulder ha orchestrato il suo piano criminoso per impadronirsi di una
miniera d’argento che in realtà è prossima all’esaurimento. Ironico è anche il
ruolo giocato dall’irascibile e tronfio Wertmann: dietro i suoi
atteggiamenti da nazista ante litteram si cela solo un cattivo da
operetta che crede di comandare, ma in realtà è manovrato. Questa esperienza
gli insegnerà a non imbarcarsi più in imprese losche, come si è appreso nella
storia che segna il suo ritorno (*ZAGOR 321/322). Significativa anche la
figura del marshall di Cookeville: è un uomo onesto, ma eccessivamente
ligio ai regolamenti. Inizialmente rifiuta di aiutare i Cherokee a
fermare la distruzione di Hidden Wood, perché la foresta è fuori dalla
sua giurisdizione. Ma, in seguito, le dure parole di Zagor gli fanno
capire che non si può servire la giustizia limitandosi a estirpare le erbacce
nel proprio orticello e ignorando che il resto del mondo sprofonda nel fango.
Per combattere il male, spesso si deve uscire dai regolamenti: non a caso, in
questa vicenda, Zagor agisce decisamente ai limiti della legalità. Il
fine, talvolta, giustifica i mezzi.
Duello ai grandi laghi
Una
curiosità: nell’edizione originale dello Zagor Index 201-300 il paragrafo
sotto era intitolato Zagor come Ronaldo
perché, nell’anno dell’uscita del volume, una quindicina di anni fa circa, il
giocatore, allora interista, era senza dubbio uno dei campioni più forti del
pianeta. Oggi, mi è parso opportuno aggiornare il campione di calcio a cui
viene paragonato lo Spirito con la Scure: il caso vuole che il fuoriclasse
portoghese del Real Madrid abbia lo stesso cognome del brasiliano Ronaldo. E,
inoltre, portoghesi e brasiliani sono cugini!
Zagor
come Cristiano Ronaldo
Cristiano Ronaldo |
Troppo
breve
L’avventura
è decisamente ben costruita, anche se un soggetto così originale avrebbe
meritato uno sviluppo di più ampio respiro. I principali difetti dell’episodio
sono infatti costituti dalla sua brevità e dalla presenza di una parte centrale
un po’ noiosa, che ha tolto spazio alle ben più emozionanti scene della partita
di Lacrosse. Mancano inoltre comprimari accattivanti e le figure che
compaiono svolgono dei ruoli abbastanza convenzionali. Unica eccezione il
Colonnello Steenway, che è un personaggio decisamente riuscito, vista la
sua saggia decisione di risolvere una contesa territoriale con una pacifica (o
quasi) competizione sportiva. Al di là dei suoi difetti, l’avventura è comunque
interessante: sicuramente una delle più singolari di questo periodo.
Inizia
la metamorfosi
Anche
in questa storia, come in quella del Profeta, Cico ha un ruolo
molto importante e addirittura risolutivo. Tuttavia, il pancione si trova ad
agire separato da Zagor e viene sostituito al fianco dell’amico da una spalla
decisamente in gamba ma abbastanza antipatica, il forzuto indiano Hoowak.
È questa una caratteristica delle storie di Toninelli che prenderà
sempre più piede e che si accompagnerà al progressivo ridursi del peso di Cico.
Nell’episodio, anche l’eccezionalità di Zagor riscontrata nelle
precedenti storie di Toninelli inizia gradatamente a ridimensionarsi:
tant’è vero che, per ben due volte, l’eroe deve essere salvato da Hoowak.
Le
foreste del grande nord
Altro
elemento interessante dell’avventura è nella sua ambientazione extra-
darkwoodiana. Toninelli ha orchestrato una mini-trasferta dei nostri
eroi in territori lontani e questo gli ha consentito di far incontrare a Zagor
tribù mai viste in precedenza. Bignotti gli è stato per l’occasione un
validissimo supporto, data la notevole abilità che ha nel ricreare col suo
pennello la magia delle grandi foreste. Anche l’avventura successiva avrà la
stessa ambientazione.
L’invulnerabile
La
scheda è stata redatta da Angelo Palumbo.
Il
crollo
Dopo
le ottime prove degli esordi, Toninelli ha un improvviso crollo e
realizza una delle sue peggiori avventure. È una storia concepita male: la
principale regola per uno sceneggiatore che orchestra il ritorno di un vecchio personaggio
dovrebbe essere quella di non snaturarne il carattere e le funzioni. Inoltre,
ogni autore dovrebbe tener presente che un comprimario utilizzato in precedenza
in un contesto realistico rischia di non funzionare a dovere se riproposto in
una trama fantastica. Nel recuperare l’interessante figura di Eskimo (creato
da Nolitta nell’episodio dei numeri 78/79), Toninelli non ha
tenuto conto di queste regole non scritte e ha stravolto il personaggio,
trasformandolo in una sorta di supercriminale con tanto di mantello.
Un
ritorno mal condotto
Eskimo |
Zagor
perde colpi
Anche
la caratterizzazione di Zagor subisce un’improvvisa sterzata. L’eroe
perde i suoi attributi eccezionali e carismatici per diventare una sorta di
anonimo frontier man. Non sappiamo se Toninelli abbia sviluppato
questa tendenza per gusto personale o perché influenzato da Canzio e Sclavi.
Sta di fatto che, in questo episodio, lo Spirito con la Scure appare
incredibilmente fiacco. Nella sequenza iniziale basta una botta in testa a
metterlo fuori combattimento per due giorni. Per una settantina di pagine si
lascia trattare da schiavo senza abbozzare la minima ribellione. Quando poi si
decide a scappare, gli ci vogliono quasi dieci pagine per mettere al tappeto un
avversario di mezza tacca. In una scena successiva viene abbattuto come un
fringuello mentre vola fra gli alberi e deve essere salvato dal suo nuovo
alleato. Caratteristiche del genere vanno bene per Mister No, concepito
a tavolino come una persona normale, ma non per un eroe come Zagor,
che deve infondere sicurezza nel lettore. Ma, anche in questo caso, non si può
scaricare su Toninelli tutta la colpa. Sarebbe bastato che qualcuno in
redazione gli avesse fatto notare il difetto e lui lo avrebbe eliminato. Invece
non è accaduto.
I
pregi
Qualche
elemento positivo di questa storia va posto in rilievo. In primo luogo, è
apprezzabile il fatto che l’episodio sia strettamente legato al precedente. In
pratica, le due storie costituiscono una breve saga canadese del nostro eroe. È
in fondo un recupero in scala ridotta dei viaggi nolittiani dello Spirito
con la Scure. Tra l’altro, lo spostamento a nord ha consentito a Toninelli
di proporre con una certa cura didascalica altre tribù che precedentemente non
si erano viste nella collana: gli Athabaska, i Montagnais e i Wapiskat.
Ben curati anche i disegni di Donatelli, che con il suo segno agile ha
almeno mantenuto valida la resa grafica dell’avventura.
Le cinque piume
La
scheda è stata redatta da Angelo Palumbo.
Zagor
si riprende
Dopo
il terribile smacco del ritorno di Supermike, lo Spirito con la Scure
torna in buona forma in questa insolita avventura scritta da Marcello Toninelli.
Sembra quasi che l’episodio (il cui titolo è preso parzialmente in prestito dal
film Le quattro piume, diretto da Zoltan Korda nel 1939) sia
stato scritto apposta per far dimenticare i due precedenti. Infatti, se lì Zagor
appariva più fiacco che mai, qui recupera carisma e vigore. Merito soprattutto
dell’ambientazione dell’avventura, il raduno dei trapper, che consente
all’eroe di mettere in mostra le sue doti di tiratore, picchiatore e persino di
detective.
Giallodarkwood
L’aspetto
più interessante della vicenda è costituito dalla trama gialla. Nolitta,
per gusto personale, ha sfruttato poco il giallo nella serie: ritiene infatti
che le storie di detection penalizzino l’azione, che in una storia a
fumetti deve invece essere predominante. Eppure, questo filone funziona
piuttosto bene in *ZAGOR e, negli anni Novanta, sarebbe stato
efficacemente sfruttato da Moreno Burattini in alcune avventure di
grande valore. Lo stesso Toninelli ha dimostrato in questo episodio come
si possano ben coniugare giallo e avventura. Del resto, la trama intreccia
all’indagine altre tematiche: la rivalità fra i cacciatori di pellicce e la
triste storia di Clyde.
Pietà
per l’assassino
L’assassino
delle cinque piume, anche se in tono minore, ricalca figure come l’Avvoltoio
e il tagliatore di teste Hakaram, comparsi rispettivamente negli *ZAGOR
22/23 e 191/194. Come loro, infatti, Almos insegue la vendetta dopo che
le persone più care gli sono state strappate da mani assassine. Tuttavia, a
differenza di quei villain, non ha sfogato la sua rabbia alla cieca, ma
ha fatto precedere la sua vendetta da una lunga e accurata ricerca dei
colpevoli. È in fondo una figura interessante e, non a caso, nel finale muore
in maniera nobile, salvando, sia pure involontariamente, lo Spirito con la
Scure.
Viaggio nella paura
La
scheda è stata redatta da Giampiero Belardinelli.
Beau Whyndam |
George Catlin in un autoritratto |
Beau
Whyndam
Georgette Heyer |
Jules Verne |
Da Verne a Catlin
L’avventura
è costruita secondo una struttura a episodi, che riuniti compongono un
unico affresco narrativo. Il collegamento delle varie sottotrame, oltre al
succitato romanzo della Heyer, è fornito da quello scritto da Jules Verne: Il giro del Mondo in ottanta giorni. Inoltre, nella prima vignetta di
pagina 70 dell’albo Naufragio sul Missouri, c’è un rimando a un quadro
realizzato dal pittore del West George Catlin che, durante le
sue peregrinazioni nell’Ovest, visitò anche i Mandan.
Un libro di Toninelli sulla sua esperienza zagoriana!? E' uno scoop, Giampiero! Di cose da raccontare ne avrà di certo. Resto in attesa.
RispondiEliminaSì è una bella iniziativa, quella di Toninelli. Marcello ne aveva dato notizia qualche settimana fa, annunciando di non proseguire la settimanale rubrica sul suo blog proprio perché intenzionato a pubblicare le sue memorie in un libro. Non so chi sarà l'editore, ma è probabile che venga edito dalla sua etichetta... Aspetteremo con pazienza!
EliminaThank!
RispondiEliminaBei e interessanti interventi! Si può notare una volta di più come Toninelli a livello di soggetti non possa essere citato solo per i famigerati mercanti di wisky e d' armi, ma nel corso della serie ne abbia esplorati di più diversi. Magari negli ultimi due anni aveva eprso un po mordente e voglia da questo punto di vista.
RispondiEliminaLe storie mi piacciono tutte e "L' agguato del mutante" e "Colpo su colpo" sono tra le mie preferite dell' autore toscano! Nella prima lo sceneggiatore riesce a ben mescolare la figura di Skull alla situazione della rapina mentre nella seconda è riuscito ad imbastire un racconto avvincente ad alcuni spunti di riflessione con Zagor che fa un po il Mister no di "Atlantico" XD. Le avventure con Satko affrontano sempre temi importanti: nella prima Nolitta affronta l' amore interazziale, nella seconda Toninelli quello ecologico e nella terza e quarta Burattini quello civile.
"L' invulnerabile" in effetti è una storia riuscita solo in parte. Bella l' idea di parlare della schiavitù tra gli indiani, tema che tornerà in "Viaggio nella paura" e verrà affrontato anche da Boselli in "Alaska" (avete notato che quì il capo dei cattivi è simile graficamente a quello di VNP!) mentre il ritorno di Eskimo avviene effettivamente un po in sordina nello svolgimento così come tutto il resto della storia che viene chiusa un po in fretta.
"Duello ai grandi laghi" secondo me fa parte del filone "leggero" della serie e bella è l' idea di affrontare il tema sportivo con tanto di gioco realmente praticato dagli indiani. In precedenza c' era stata solo mitica sfida tra Zagor e Supermike e successivamente la corsa delle sette frecce sempre del Toni. Avventura godibile con Cico utilizzato alla grande.
Bella storia poi "Le cinque piume" dove nella solita atmosfera gogliardica del raduno dei trappers s' insinua quella di omicidi. Riuscito mix in effetti tra giallo e azione.
Passando a "Viaggio nella paura"... che dire? Dell' autore preferisco altre, però anche questa è una buona storia. Dopo l' inizio semifantastico la vicenda viene raccontata in maniera realistica con la consueta descrizione degli usi e costumi degli indiani mista ad azione con la riuscita introduzione di personaggi come Beau ed il simpatico Bezukoff! Bella l' idea di fare un viaggio in 80 giorni seppur in formato ridotto. Ah, però! Non sapevo del quadro!