Zagor ##655-657. Morte e Psiche
Le copertine dei tre albi in cui è contenuta l'avventura. Illustrazioni di Alessandro Piccinelli. ©Sergio Bonelli Editore |
Con questo nuovo post (un articolo scritto a quattro mani con Giorgini), abbiamo deciso di mettere sotto osservazione la storia in cui è protagonista Sophie Randall, la figlia del mutante Skull. In questo spazio personale (una sorta di diario pubblico) vogliamo lasciarci guidare soltanto dal piacere di scrivere su quelle avventure che più ci hanno regalato momenti di spensieratezza e - perché no? - attimi di riflessione. Ovviamente, siamo consapevoli che le avventure non prese in esame in questa sede possano legittimamente emozionare molto di più altri lettori con sensibilità diverse dalle nostre.
di Belardinelli e Giorgini
Introduzione
Il fumetto
popolare classico è denso di protagonisti maschili, eroi spesso sicuri di sé e
non di rado misogini. Il nostro non vuol essere un giudizio negativo, poiché ci
rendiamo conto del contesto storico in cui quelle avventure furono concepite:
gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. In tempi
recenti, circa venticinque anni fa, anche in Tex e Zagor gli autori che
hanno avviato il rinnovamento narrativo (lo sceneggiatore Boselli) e grafico (disegnatori come Marcello, Andreucci e Laurenti) hanno esplorato anche i
diversi caratteri dell’universo femminile.
Moreno Burattini, da diversi anni saldamente al
timone della testata Zagor, ha continuato
l’opera iniziata nella prima metà degli anni Novanta da Mauro Boselli. Negli
ultimissimi anni abbiamo notato come l’autore toscano abbia accentuato l’indagine
sulle sfaccettature dell’animo femminile. Questa particolare attenzione per i
personaggi femminili evidenzia, secondo noi, la fiducia e la libertà creativa concessa dai rinnovati vertici
della Casa editrice a Burattini. Uno
degli indizi della nostra tesi è la felicità creativa di alcune sue
recenti sceneggiature.
Avventura
al femminile
Il sadismo di Sophie, da La figlia del mutante (ZG 656), disegni Esposito Bros. |
Lo
sceneggiatore alterna il timbro del racconto in modo da tenere sempre desta
l’attenzione del lettore: si passa da momenti leggeri, grazie ai frizzanti
dialoghi tra le tre ragazze, in cui si incomincia a intravedere il rapporto
particolare tra Jenny e Zagor (si veda anche il MaxiZagor n. 39, pp. 242-243), a situazioni di
estrema crudezza in cui assistiamo alla scoperta, da parte delle stesse di cui
sopra, delle vittime impiccate; a sequenze struggenti e commoventi nel momento
in cui Ellie May, Sara e Jenny, tra le
lacrime e gli abbracci, incontrano i bambini rimasti orfani. Tutte le
sequenze citate sono prese dal volume La figlia del mutante (Zagor 656),
rispettivamente alle pagine 66; 68, 69, 70, 71, 72, 73.
Altra figura
importate è la bionda Chloe
(quest’ultima, come Sophie, è stata ideata da Burattini). La giovane donna si presenta nel classico stile
della filmografia hollywoodiana western: nell’abitacolo di una diligenza, come
nel film fordiano Ombre Rosse (1939), appare come una donna timorosa in
continua apprensione sui pericoli della Frontiera. Chloe dà l’impressione di
essere una bionda conturbante e svampita, ma in seguito scopriremo che la sua è
soltanto una recita. La giovane è infatti un’agente della Base Altrove,
e il suo viaggio era stato pianificato per recuperare la fuggitiva Sophie
Randall. Alla domanda di Zagor – Vi hanno dato istruzioni su come
comportarvi, nel caso vi troviate di fronte Sophie? – la ragazza risponde: Prevedono
un piano A e un piano B. E il piano B,
afferma perentoria Chloe, è ucciderla con un colpo in fronte (Zagor 656,
p. 48). In un racconto in cui Burattini ha introdotto donne di personalità,
l’agente Chloe entra in maniera decisa nell’universo zagoriano.
Là dove
la mente vacilla
La
particolarità di questa storia è il suo tema di fondo: Sophie è evasa dal
manicomio di Worcester e si è messa
sulle tracce dell’eroe non per vendicarsi (il Nostro aveva comunque causato la
morte di Skull: cfr. Il ritorno del mutante, Zagor 496-499), ma perché
crede sappia dove si trovi la testa del padre, con cui la ragazza aveva
iniziato un dialogo telepatico. Tutto questo in realtà è il frutto della sua
immaginazione. Nelle prime pagine dell’avventura (nell’albo Faccia a faccia,
Zagor 655) la sceneggiatura sembrerebbe incanalarsi nel classico filone del
nemico che vuole la rivincita sull’eroe. In seguito, la dinamica della storia cambia
direzione e lo sceneggiatore va ad esplorare la dicotomia psicotica di Sophie, causata soprattutto dal rapporto conflittuale
tra la madre e il padre: Non ci sarà tua madre a tenerti lontana da me,
ritenendomi un mostro! dice la voce di Skull (Zagor 656, p. 78). Da una
parte l’amore/odio nei confronti della madre, rea di averla allontanata dal
padre (il mostro), dall’altra, l’affetto per l’idealizzata figura del
padre, un criminale spietato pur non privo di un suo codice d’onore, come ci aveva
mostrato Marcello Toninelli (il
creatore di Skull) nell’avventura L’agguato del mutante (Zagor 217-219).
Questo complesso retroterra
esistenziale fa di Sophie una figura tragica. C’è in pratica una riflessione sul profondo senso di solitudine, di
affetti negati, che possono trasformare
un essere umano in un folle omicida. Infatti, il legame tra il sadismo di Sophie e
la sua fragilità psichica è derivata dalla mancanza del padre che lei (la
ragazza in realtà è una povera pazza) crede sia ancora vivo. Se volessimo
riassumere l’avventura con una sola frase, crediamo che la più indicata sia Morte
e Psiche, parafrasando la favola Amore e Psiche; il finale del
racconto burattiniano, al contrario del testo di Apuleio, è per Sophie inevitabilmente tragico. Una storia cruenta in
cui nei protagonisti – come afferma Cico nella tavola conclusiva di Zagor 657 (p.
42) – resta solo tanta amarezza.
Prima di
chiudere il paragrafo, vogliamo far notare delle similitudini tra alcune figure
femminili introdotte di recente da Burattini È interessante osservare come
anche Julia Schulz, la donna-nemico nella
storia disegnata da Bane Kerac
(Il pueblo misterioso, Zagor 642-645), si suicida, seppur in modalità
del tutto diversa rispetto a Sophie. Ed è altrettanto interessante evidenziare
come lo sceneggiatore abbia legato con un palese filo conduttore le sue recenti
ideazioni femminili: l’ambizione criminale della già citata Julia Schulz; la follia omicida di Sophie Randall; l’arte della seduzione
al servizio dello spionaggio di Kendra. Sono tre donne
nello stesso contesto sociale e culturale della prima metà dell’Ottocento che
tentano di realizzarsi in modi diversi.
L’orrore
sospeso
La vicenda presenta
dei riferimenti ad alcune pellicole fantascientifiche, tra le quali Scanner
(1981) di David Cronenberg. Burattini,
come faceva Nolitta, parte da uno
spunto esistente per spingersi in direzione del tutto originale, andando anche
a scavare nel lato umano del mostro. Ad esempio, in Acque misteriose
(Zagor 110-112) il noto riferimento cinematografico Creature from the Black Lagoon (1954) di Jack Arnold ha dato spunto a Guido Nolitta per una parabola umana sull’orrore
sospeso.
Tornando in
tema, nell’albo conclusivo (La mente assassina, Zagor 657) l’eroe rischia la sua vita pur di porre
fine all’incubo: la spannung di tutta la storia, il momento di massima tensione e suspense. L’avventura si chiude in maniera repentina e
intelligente, evitando il banale ricorso al colpo di pistola in fronte messo
in conto dall’agente Chloe. Il modo in cui Burattini ha scelto di sconfiggere
Sophie è costruito con molta accuratezza psicologica. Convinto che ormai la
ragazza fosse del tutto innocua, il professor Roger Barryman aveva
sottovalutato i rischi della sua pericolosità. Nel finale, lo psichiatra interviene
per tentare di rimediare al suo errore: dice la verità a Sophie e lei, non
accettandola, impazzisce e si uccide (pp. 38-40). Il cerchio inconsapevolmente
aperto dal professore si chiude così in maniera definitiva e repentina.
Questa soluzione
narrativa adottata da Burattini (il finale risolto con un’inaspettata intuizione)
viene da lontano, e in particolare trae spunto da uno dei gioiellini di
fantascienza scritti da Fredric Brown (Sentinella, 1954), in cui
la situazione si scioglie in maniera fulminea con due parole: senza
squame (no scales). L’autore è conosciuto tra gli appassionati di
letteratura fantascientifica per il tipico formato breve delle sue narrazioni.
L’importanza del racconto è stata inoltre riconosciuta persino dalla RAI:
nel 1979, con la traduzione di Carlo Fruttero e la recitazione di Arnoldo
Foa, è stato adattato all’interno della miniserie televisiva Racconti di fantascienza.
Esposito
Bros Heroes
La scelta di
affidare agli Esposito Bros la
realizzazione grafica dell’avventura è particolarmente appropriata per via del
soggetto. I due artisti hanno maturato molta esperienza nella Fantascienza realizzando, per la Casa
editrice milanese, alcuni episodi di Nathan
Never e soprattutto non pochi racconti di Martin Mystère. Il loro segno punta alla leggibilità e le sequenze,
sia quelle dinamiche sia quelle tranquille, sono dirette e dettagliate: nelle
loro tavole il lettore non deve mai sforzarsi di interpretare la scena. Le
pagine in cui ci sono le sequenze più scabrose sono realistiche, senza per
questo scivolare nella morbosa rappresentazione della morte: si veda, ad
esempio, le tavole in cui scorgiamo gli impiccati nella Fattoria dei Patterson
(Zagor 656, pp. 68-71). La protagonista negativa del racconto, Sophie Randall, è ben interpretata sia
nei suoi turbamenti interiori sia nelle situazioni in cui la ragazza uccide con
estremo compiacimento.
A tal
proposito, le sequenze splatter sono esplicite in modo da non
tradire l’intento della sceneggiatura. È importante sottolineare come oggi il
cinema e soprattutto i serial televisivi moderni ci abbiano abituati a mostrare
la violenza senza filtri di sorta; e una testata ormai sessantennale come Zagor – che necessita di guardare al presente –
non poteva restare legata in maniera
immobile a una visione edulcorata della realtà. Gli Esposito Bros, in
conclusione, hanno tratteggiato con particolare affinità le tre bellezze di Pleasant
Point e l’interpretazione di Zagor e Cico è ormai un paradigma di classicità.
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