Zagor contro Mortimer - cap. 5
Nel mese di dicembre 2021 è uscito nelle edicole italiane il numero 677 di Zagor Gigante, albo in cui lo sceneggiatore e curatore di testata Moreno Burattini fa ritornare, otto anni dopo, il diabolico Mortimer, un cattivo ideato nel 1988 dallo stesso sceneggiatore toscano. L'albo da poco pubblicato dalla Sergio Bonelli Editore ha un inizio incalzante e fortemente drammatico: tornerò a scriverne in questa sede al termine dell'avventura. In attesa di ciò, ho voluto riproporre la recensione che avevo scritto per il magazine Dime Web di Francesco Manetti e Saverio Ceri. Per l'occasione ho apportato delle piccole modifiche e ho aggiunto delle notazioni importanti considerando che, dal 2014, alcune situazioni personali dell'Eroe di Darkwood sono in progressiva evoluzione. Buona Lettura!
Illustrazioni di Gallieno Ferri. Zagor Gigante 590-593 ⓒSergio Bonelli Editore |
La
morte accompagna da sempre il vagabondare di Zagor e di Cico poiché il pericolo
è la costante della loro esistenza avventurosa. L’Avventura, nel senso più
ampio del termine, presuppone che i protagonisti debbano scontrarsi con
avversari disposti a tutto pur di ostacolarli. Infatti, un cattivo capace di
mettere in serie difficoltà l’eroe, di vomitargli addosso il proprio odio o di
metterlo fuori gioco con fredda lucidità è indispensabile per misurare la
statura etica e morale del protagonista. Mortimer, il cattivo ideato da Moreno
Burattini oltre venti anni fa, nella sua prima apparizione era spinto da un
narcisistico desiderio di dimostrare la propria superiorità intellettiva. Il
compiacimento della propria intelligenza criminale e allo stesso tempo il
desiderio di ottenere dei vantaggi materiali ha caratterizzato alcune delle
successive battaglie contro Zagor. Mortimer non è rimasto uguale a se stesso
ma, come ogni essere pensante, si è evoluto: nel corso delle avventure fattori
imprevedibili hanno infatti modificato la sua visione della vita. E questo lo
si nota già nella terza avventura. Un altro aspetto che ha invece caratterizzato
Mortimer in tutte le avventure è una sorta di onniscienza sul mondo di Zagor,
nonostante un errore sia sempre possibile. Infatti, la non conoscenza di Guedè
Danseur ha bloccato il perfetto ingranaggio ideato dal Nostro nell’isola di
Haiti: la conseguenza è stata la tragica morte dell’amata Sybil (Zagor 522-525).
Il Mortimer che esce vivo da quell’avventura è un uomo lacerato da un profondo
dolore; un uomo, quindi, cambiato radicalmente il cui unico obiettivo è quello
di far provare lo stesso dolore al proprio nemico. Moreno Burattini è partito
da qui e con non celate reminiscenze freudiane ha immaginato cosa accade quando
un uomo agisce sotto l’impulso di un dolore interiore, o come questa sofferenza
venga forse inconsciamente rimossa e proiettata su un'altra persona. In questo
caso l'altra persona è il nostro
Zagor. Quello che ho scritto in queste ultime righe è secondo me il piatto
forte dell’avventura: l’eroe, nel sorprendente finale, intuisce la sofferenza di
Mortimer e sbatte in faccia all’avversario quell’intollerabile verità.
Il dolore di un uomo
La dimensione eroica di Zagor si è formata come sappiamo a causa di una tragedia familiare. Il dolore che ha distrutto la sua aurea fanciullezza ha portato alla nascita di una leggenda. D’altronde, i grandi Eroi della letteratura hanno attraversato in maniera catartica delle enormi difficoltà: un esempio e me a caro è quello di Odisseo, il cui interminabile viaggio di ritorno ad Itaca è stato costellato da un insostenibile dolore per la perdita di tanti amici. Il dolore può portare a un processo autodistruttivo, ma può anche innalzare un individuo a una superiore conoscenza di sé. Lo Spirito con la Scure non è entrato nel circolo vizioso del rancore e dell’odio, non si è mai compiaciuto del suo dramma e di conseguenza, pur con le rabbiose reazioni di nolittiana memoria, ha sempre mostrato una lungimiranza di pensiero coraggiosa e difficile da sostenere se non si è uomini speciali. Guido Nolitta aveva dato voce a un personaggio che, nei fatti, era da tempo in pace con se stesso: in quelle avventure abbiamo visto un eroe, anche nei momenti più tragici, carismatico e capace di superare le astiose contraddizioni umane. Un caso lampante, tra gli altri, è stato il finale de Il giorno della giustizia (Zagor 119-122), dove è stato capace di accettare, nonostante la morte di Wakopa, le dolorose scuse di mister Kirby, costretto a confrontarsi con le tragiche conseguenze delle proprie scellerate scelte.
Tornando
a questo quinto capitolo della saga di Mortimer, il gioco interessante della
vicenda è lo scontro tra un uomo che il dolore lo ha accettato e superato e chi
invece nega a se stesso la realtà degli avvenimenti. Nelle 314 tavole
dell’avventura, pur nei momenti in cui ha causato indicibili sofferenze
all’eroe, il volto del villain non si
distende in un sardonico sorrisetto ma evidenzia le rughe di un paranoico odio.
Il Mortimer di quest’ultima avventura è un personaggio ancor più realistico e
la sua vendetta assume i connotati di una profonda e celata verità: ogni essere
umano, dinanzi agli eventi, cambia inevitabilmente la propria dichiarata
filosofia. Questo accade nella miglior fiction come nella più disincantata
realtà.
La vita questa sconosciuta
In
questo tragico balletto, lo Spirito con la Scure si trova di fronte a una sfida
che rischia di far incrinare la sua sicurezza. Quel mondo solidale di amicizie
rischia di crollare dinanzi all’azione del diabolico Mortimer. Una delle
sequenze più laceranti diventa una sfida con la sua innata generosità: la morte
di Tabitha. È solo colpa tua! – grida
il dottor Sand – Mia moglie non sarebbe
morta se tu non avessi lasciato in libertà l’assassino che si vuole vendicare
di te! Non sarebbe morta se tu non fossi entrato nelle nostre vite! Non sarebbe
morta se fossi arrivato prima! Non sarebbe morta se mi avessi ascoltato e fossi
corso a salvare lei, invece di esitare!
Zagor
è taciturno, toccato nel profondo dalle parole dell’amico. L’eroe è inoltre
rabbioso come non mai poiché sente venir meno la fiducia nei suoi confronti; ma
avverte anche una sorda impotenza quando, alcune pagine prima, il suo estremo
tentativo di salvare il trapper Doney si rivela vano.
La
storia è un crescendo di tensione e inoltre ha il pregio di confermare dei dati
di fatto della vita sentimentale dell’eroe. Sono
convinto che il vostro cuore batte ancora per lui… – afferma Mortimer
rivolto alla prigioniera Virginia – Ed è
soltanto perché la sua vita avventurosa non gli consente di avere una compagna,
che anche lui non vi frequenta come entrambi desiderate. L’evoluzione della
serie passa anche per affermazioni che non nascondano i sentimenti dell’eroe o
dei coprotagonisti.
Dal
mese di dicembre 2014, atto conclusivo di questo quinto capitolo della saga di
Mortimer, alcune cose son cambiate e infatti Burattini ha iniziato a sviluppare
una sottotrama romantica che lascia intravvedere una forte attrazione di
Jenny Jerson (una delle ragazze di Pleasant Point) nei confronti di Zagor, che
potrebbe portare a risvolti inaspettati rispetto alla tradizione del fumetto bonelliano
classico.
Tornerò
a cercarti, Zagor, nemico mio!
L’ultimo
atto, costruito intorno alla liberazione di Cico, Virginia e Akenat (suo
malgrado imbestialito con Zagor), è un momento di grande lirismo, di
drammatiche rivelazioni, di amicizie che si rinsaldano. Darkwood conferma di
essere un luogo speciale – ricollegandosi idealmente al capolavoro L’uomo che sconfisse la morte (Zagorone 2) – dove Zagor può contare su un gruppo di amici che non mollano mai. La
Foresta è il luogo dell’amicizia ed è il luogo dove i sogni si materializzano
nell’immagine di una volpe chiazzata con dei pallini neri. È il luogo in cui
alla realtà, a volte, si può sovrapporre un momento, ben scritto dallo scettico Burattini, di trascendente e
malinconica poesia…
Colpito
dalla scure di Zagor, Mortimer cade oltre i bastioni del Castello, viene
trascinato dalla corrente del fiume e da una cascata precipita nelle acque sottostanti; i Nostri
ritrovano il suo cadavere ma, ancora una volta, il diabolico nemico sfiderà la morte:
quell’ultimo addio era soltanto un arrivederci! (Zagor 677, p. 21).
L’uomo di Darkwood
Marco Verni conferma ormai di essere un disegnatore capace di coniugare rapidità di esecuzione a una pregevole cifra stilistica. Il suo segno si sta ammorbidendo, il chiaroscuro è sempre più fluido, e riesce a conferire ai volti e all’ambiente il dramma che si sta consumando. Alcuni espressioni di Zagor sono da antologia e comunicano il conflitto e la rabbia dell’eroe come pochi altri disegnatori. Se Darkwood è il luogo della fantasia, Marco Verni ne è un irrinunciabile interprete.
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