Io, Zagor e Toninelli - 3

L'assassino di Darkwood


Zagor Collezione Storica n. 83;
volume dove inizia L'assassino di Darkwood
Perché certe storie quando vengono lette la prima volta possono non lasciare traccia? L'avventura di cui discutiamo è uscita nel 1983 e l'anno successivo avrei abbandonato Zagor, Mister No, Tex e altri fumetti del periodo, bonelliani e non, per ritornare all'ovile nel 1989. Non avevo lasciato perché deluso ma in quanto in quel periodo della mia vita (avevo 23 anni) non riuscivo a concentrami sulla lettura. È stato un periodo turbolento, con momenti anche esaltanti ma con un vuoto di fondo. Forse la mancanza delle mie letture mensili, e di Zagor in particolare, hanno avuto un peso negativo.
Quando poi ripresi a leggere i fumetti, iniziai a recuperare gli arretrati (che ingenuamente avevo venduto per pochi spiccioli) e una volta completata di nuovo la serie di Zagor ho avuto la consapevolezza della suggestione emotiva de L'assassino di Darkwood (ZG 215/217) come di diverse storie di quegli anni, comprese quelle uscite dopo il 1984, scoperte per la prima volta nei primissimi anni Novanta del secolo scorso.
Questa mia riflessione mi conferma (almeno per me è stato così) come le letture restino influenzate dal periodo personale che si sta vivendo e invece, quando stiamo nel nostro tempo migliore, per citare Gianni Morandi, riacquistino l'autentica dimensione e il proprio valore artistico. Sotto, come di consueto, le risposte di Toninelli ai miei quesiti. De L'assassino di Darkwood l'autore ne parla qui, sul suo blog.

Toninelli ricorda...
In questa storia hai messo Zagor in enormi difficoltà e di conseguenza ne hai esaltato il carattere indomito. È la caratteristica che emerge in questa tua prima fase zagoriana...
Questo non è una domanda, ma un'affermazione di cui ti lascio ogni responsabilità! Scherzi a parte, ho qualche difficoltà a seguirti in questo genere di considerazioni. Io ho sempre scritto (o creduto di scrivere) Zagor nello stesso modo. Se ci sono stati, e ci saranno stati sicuramente, cambiamenti nel corso del tempo dovuti a maturazione mia e/o interventi d'indirizzo da parte della redazione, lascio a voi “critici” il compito di coglierli e sottolinearli. Per parte mia, mi sono preoccupato sempre e soltanto di fare storie che partissero da uno spunto originale e risultassero, per me mentre le scrivevo-vivevo e per i lettori che le leggevano, appassionanti, emozionanti, divertenti. È naturale che non sempre ci sia riuscito... però certamente ci ho provato.
Zagor Collezione Storica n. 84

La scena della morte di Tawar, con Zagor che grida la sua rabbia, la considero una delle più intense dell'intera saga: l'idea di far morire lo sciamano è nata in maniera spontanea oppure, prima di scegliere, hai pensato a diversi personaggi tra gli indiani di Darkwood?  
Non lo ricordo davvero. Suppongo, nella ricerca di “legami” con il passato che mi ha accompagnato soprattutto all'inizio della mia collaborazione, di aver scelto Tawar perché aveva un rapporto “importante” con Zagor, e dunque la sua morte sarebbe stata un elemento di notevole forza della storia. Il suo personaggio era un po' il fulcro di tutta la vicenda e probabilmente la storia è nata “intorno a lui”, dopo l'idea primigenia degli assassini misteriosi che portavano a sospettare Zagor di tutte le uccisioni.  
Il miscuglio tra avventura dinamica, giallo e mistero, tecnologia e intrigo in stile spy-story ha funzionato a meraviglia. I mandanti del complotto ai danni di Zagor sono rimasti ignoti: ti era venuta l'idea di dargli un volto e riproporli in seguito?

Penso di sì. Ho un vago ricordo di aver immaginato un'avventura cittadina di Zagor in caccia dei mandanti... ma niente di più, purtroppo. Sicuramente non ho mai presentato in redazione un soggetto di questo tipo. L'idea, se effettivamente ci fu, non riuscì mai a germogliare a sufficienza da diventare una proposta concreta.



Dice il saggio...

Di questa bella avventura, Angelo Palumbo ha realizzato una delle sue più belle analisi del suo già altissimo profilo di critico. Io stesso, leggendo quelle righe in anteprima nel periodo della stesura dell'index (il 201-300), rimasi emozionato dalle riflessioni di Palumbo come se stessi rivivendo l'avventura sotto una luce nuova: secondo me ed Angelo fare critica significa anche trascinare il lettore (quando il racconto lo merita...) in un vortice emotivo. La critica fredda, del resto, a noi non è mai piaciuta.


Marcello al timone
Davvero appassionante questa terza avventura scritta da Marcello Toninelli, che si trova ormai saldamente al timone della serie. Nei mesi successivi, infatti, e per molti anni, saranno ben poche le storie delle Spirito con la Scure a non essere opera sua. Con l’arrivo di questo prolifico sceneggiatore, autori come Castelli e Sclavi si fanno da parte, anche perché totalmente presi da altri impegni fumettistici. La promozione a successore di Nolitta, comunque, Toninelli non l’ha ottenuta per mancanza di rivali: se l’è guadagnata sul campo, lavorando con professionalità e accettando di buon grado le rigide direttive di Canzio e Bonelli nella stesura di soggetti e sceneggiature. L’intelligenza è una delle maggiori doti di Toninelli, che lo porta a non lasciare nulla al caso nelle trame e a spiegare al lettore ogni minimo dettaglio.

Tawar, qui in un'immagine
disegnata da Gallieno Ferri.
Morte di un amico
Ancora una volta, viene rispolverato un personaggio degli anni Sessanta molto caro ai lettori, il saggio Tawar. Era comparso in due belle e significative avventure di quel periodo (ZG 20/21) e aveva poi beneficiato di una partecipazione magica come alleato di Zagor contro Hellingen nell’ultima avventura scritta da Nolitta. È dunque una figura di un certo spessore. Tuttavia, riportandolo alla ribalta, Toninelli ha compiuto un’operazione inaspettata, facendolo morire tragicamente. È un fatto insolito e molto triste, per il lettore di vecchia data. Tuttavia, prendendo questa decisione, Toninelli ha saputo dare uno scossone al pubblico, dimostrandogli che in una storia a fumetti nulla è scontato: come nella realtà, anche i buoni possono morire, ma continueranno a vivere nel ricordo. Quella di Toninelli è stata una scelta coraggiosa (lo stesso Nolitta, in passato, aveva fatto morire un paio di grandi amici dello Spirito con la Scure) e denota l’intenzione dell’autore di innestare le proprie storie nella continuity della serie e rinverdire il microcosmo zagoriano con piccole e grandi innovazioni. Toninelli non si presenta dunque come un piatto supplente, ma come un autore intenzionato a creare nuovi stimoli per il lettore.

Professionisti del delitto
La trama dell’avventura è orchestrata molto bene. La prima parte è sottilmente inquietante e risulta costruita come un perfetto racconto giallo, visto l’inspiegabile mistero che circonda la figura dell’assassino di indiani. Toninelli ha saputo creare ottime atmosfere di suspense e le ha ben mescolate con le componenti dinamiche tipiche di una storia western. Inoltre, ha ben interpretato sul piano psicologico il dramma di Zagor, che vede morire intorno a sé i fratelli rossi senza capire come accada e di colpo si ritrova contro un’intera tribù che prima gli era amica. Molto ben congegnato è anche lo scioglimento della vicenda, che vede entrare in scena i quattro killer senza nome. Sono figure negative ricche di fascino e sembrano uscite da un racconto di spionaggio o da un film di James Bond. Non provano sentimenti né emozioni, si muovono come automi perfettamente programmati e dispongono di mezzi decisamente suggestivi, come i teli mimetici che consentono loro di svanire come fantasmi. A renderli ancor più inquietanti è il fatto che tra loro si chiamino con  dei curiosi soprannomi (il Capo, il Nano, il Grosso, l’Indiano): i loro veri nomi sono incisi sulle lapidi di un cimitero, poiché per il mondo sono ufficialmente morti. Sono come zombi, che obbediscono senza esitare agli ordini di una misteriosa organizzazione.

Finale aperto
È singolare il fatto che Zagor sconfigga i quattro assassini, ma non riesca a risalire ai loro mandanti. L’avventura ha dunque un insolito finale aperto, che ancora oggi non è stato chiuso. In realtà, di affaristi senza scrupoli pronti a complottare per toglierlo di mezzo e impadronirsi di Darkwood, Zagor ne avrebbe in seguito incontrati anche troppi. Ma questa è sicuramente una delle storie più appassionanti incentrate su questo argomento. È un’avventura su cui si posa un sottile velo di malinconia, per via della morte di Tawar e della mancata cattura dei mandanti dei suoi uccisori. A ciò si aggiunge la malinconia di un periodo zagoriano che sta per chiudersi: quello dell’età argentea.

Invincibile!
Lo Zagor di queste pagine ricorda molto quello di Nolitta. È un personaggio eccezionale, che da solo combatte contro un’intera tribù e una banda di assassini invisibili. Sebbene il mondo gli stia crollando addosso, riesce a non perdersi d’animo e contrasta brillantemente la tecnologia e gli intrighi dei suoi avversari con l’azione combinata della sua forza e dell’intelligenza. Ma è anche un eroe ricco di umanità, capace di urlare rabbia e dolore dinanzi al corpo senza vita di Tawar e pronto a perdonare il giovane Shenankar, che da suo accusatore e persecutore diventa un sincero amico. Anche Cico è stato ben utilizzato. Toninelli lo ha messo da parte nella seconda fase dell’avventura, ma nella prima lo ha reso protagonista di diverse piccole gag, contrapponendogli un antagonista d’eccezione: uno stregone indiano che è addirittura più grasso e più affamato di Cico.

Toninelli & Donatelli
Questa è la prima storia di Toninelli disegnata da Franco Donatelli. I due ben presto formeranno una coppia molto assidua. Toninelli ha sempre dichiarato di trovare in Donatelli il suo interprete ideale, poiché il disegnatore milanese si è sempre fedelmente attenuto alle direttive delle sceneggiature. In questo episodio, la coppia funziona molto bene e Donatelli, col suo segno dinamico ed essenziale, ha ottimamente interpretato le acrobatiche imprese di Zagor nella rocciosa terra dei Tunican.

  1. L'immagine di Tawar è stata lavorata da Paolo Ferriani per gli index.
  2. L'analisi di Angelo Palumbo l'ho riportata nella sua completezza, eccetto il riassunto e le note.

Commenti

  1. Magari un pochino sotto le due precedenti, ma comunque con uno spunto decisamente interessante e dei cattivi sui-generis. Il fatto poi che i mandanti rimangano nascosti da quel tocco in più.
    Sempre ben caratterizzato Cico che qui se la deve vedere con un "temibile" rivale come uno degli stregoni che gli da ben filo da torcere. XD
    Povero Tawar!
    O.K. Donatelli, però a me il Ferri anni 80 piace un sacco e con Toninelli ha costituito un bel tandem. Peccato che dopo "Acqua di fuoco" abbia disegnato solo altre due sue storie!

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  2. Leggermente sotto le due precedenti avventure, ma comunque un' altra bella storia dotata di un soggetto proprio originale per la serie!
    Notare come con Toninelli il lato comico di Cico venisse più di una volta in luce con tanto di ritorni di Trampy (invece qui abbiamo un simpatico stregone) senza però tralasciare quello più duttile ed eroico.

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