Zagor contro Mortimer - Capitolo 6
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I nemici trovano sempre un modo per sfuggire alla morte: è una regola non scritta ben conosciuta ai narratori di avventura. I cattivi sono l’essenza dei racconti avventurosi: proviamo a togliere dalle rispettive saghe di Tex e Zagor Mefisto ed Hellingen… Questi due villain, tra gli altri, hanno fortemente definito le personalità dei due eroi bonelliani e rappresentano uno scontro quasi apocalittico, che affonda le sue radici in opere millenarie come l’Odissea o l’Iliade. Burattini ha cercato di contribuire alla significativa galleria di nemici zagoriani dando vita, nel lontano 1998, a Mortimer, un personaggio che, episodio dopo episodio, si è ritagliato uno spazio importante nella saga. Nel quinto capitolo la carriera di questo genio del crimine sembrava definitivamente chiusa, però l’autore aveva nascosto tra le righe di quel racconto una scappatoia per un suo possibile ritorno. Apprestandomi alla lettura de La diabolica trappola ho provato ad immaginare una soluzione all’enigma della resurrezione di Mortimer e non sono riuscito a individuarne una che avesse una sua logica. L’autore è riuscito a sorprendere e, da quanto ne so, molti di miei contatti sono rimasti sorpresi dall’idea scelta da Burattini. Nel racconto Ora Zero! (ZG 110-113) Guido Nolitta aveva fatto in modo che Zagor, tramite una strana erba medica datagli da Tonka, cadesse in catalessi: Hellingen, ignaro del fatto, prende atto della morte del Nostro e lo lascia lì nella baracca (una situazione, tra l’altro, mutuata da alcuni romanzi di Emilio Salgari) rimandando al giorno dopo la sepoltura del corpo. Poche ore dopo, come Sandokan, lo Spirito con la Scure si rianima e si prende la sua rivincita...
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Mortimer osserva le due pillole: la bianca e la nera. ©Sergio Bonelli Editore |
Burattini in questo racconto utilizza un espediente simile, ma aggiunge delle plausibili informazioni scientifiche sulla pillola ingerita da Mortimer. Nel flashback vediamo il farmacista amico di Mortimer spiegargli come agiscono le pillole mettendolo in guardia dagli eventuali rischi. Nelle pagine iniziali del primo dei tre albi, tra l’altro, lo sceneggiatore ha inserito in maniera subliminale l’indizio che a parer mio anticipa l’estrema scelta finale di Mortimer: andatevi a rivedere la terza vignetta di pagina 15 de La diabolica trappola. Nonostante chi scrive sia consapevole di questi trucchi, più volte utilizzati dallo sceneggiatore, esso è sfuggito alla mia attenzione: solo dopo l’inaspettato finale sono andato a cercare l’indizio che la mia mente aveva inconsciamente registrato.
Tra l’altro, nascondere nelle prime pagine una frase o una
situazione in apparenza fine a sé stessa è un espediente narrativo più volte
adottato dalla grande Agatha Christie in alcuni suoi romanzi. Stratagemmi
ben noti ai lettori, ma, nonostante ciò, puntualmente sfuggiti anche ai più
attenti. Questo perché, come ha scritto Leonardo Sciascia nella
postfazione de L’assassinio di Roger Ackroyd (Oscar Mondadori, p. 224), il
lettore di gialli è costituzionalmente disattento, si costituisce cioè in
disattenzione nel momento in cui sceglie di leggere un giallo. E del resto la
qualità di un giallo è data dalla capacità di tendere il mistero quanto più
lungamente è possibile e dall’imprevedibilità dello scioglimento finale.
Se hai degli amici, non perderai mai
Nel Paleolitico gli esseri umani erano cacciatori-raccoglitori e vivevano in piccole comunità che si spostavano seguendo le prede e cercando luoghi ricchi di frutti con cui sfamarsi. Quei primi nostri antenati abitavano un mondo selvaggio dove la presenza umana era molto rada. Per supplire alle enormi difficoltà avevano un forte senso di comunità: si aiutavano tra di loro come se fossero un solo uomo, perché erano consapevoli che dividersi avrebbe significato morire di stenti o finire tra le fauci di qualche belva.
Nel mondo immaginario di Darkwood lo Spirito con la Scure ha affrontato innumerevoli avversari, ma ogni volta l’eroe ha avuto il supporto di molti amici, capaci di muoversi in suo aiuto come facevano i gruppi di cacciatori-raccoglitori agli albori dell’umanità. In questa avventura, dinanzi alle pesanti accuse di aver ucciso dei militari, si nota come la solidarietà degli amici di Darkwood si mobiliti per aiutare l’eroe in difficoltà. Burattini riesce a raccontare la Darkwood comunitaria come faceva Nolitta: E gli amici che ho, dice Zagor a Mortimer, me li sono guadagnati, schierandomi al loro fianco ogni volta che hanno avuto bisogno di me (L’ultimo duello, p. 94). Tutti gli amici di Zagor non si girano dall’altra parte dinanzi alle infamanti accuse che rischiano di travolgerlo: Cico, le ragazze di Pleasant Point, il colonnello Perry. Quest’ultimo, dopo aver casualmente incontrato il fuggitivo Zagor, non esita a lasciarlo andare, con il rischio concreto di compromettere la propria carriera e la propria reputazione, convinto che l’eroe debba soltanto trovare le prove della sua innocenza. Un’innocenza di cui il militare non dubita: la legge in uno stato di diritto impone giustamente che la verità debba essere dimostrata con prove certe. Purtroppo, nella finzione e nella realtà, in alcuni settori dei potentati dell’economia, o degli ambienti militari, o anche in quello di chi amministra la giustizia accade che alcuni personaggi utilizzino il proprio potere per distruggere gli avversari, creando ad arte prove false e infamanti. L’eroe e il colonello Perry, come tutte le persone consce della verità, non sfuggono alla legge ma attraverso la legge si oppongono e ottengono Giustizia. Per fortuna, personaggi classici come Tex e Zagor hanno il coraggio di smascherare i soprusi di chi detiene il potere o amministra la legge: per questo sono degli Eroi.
L’amicizia fraterna non si ferma neanche davanti all’estremo
rischio della vita: nell’albo Mortimer colpisce ancora, dopo la cattura
di Zagor, Burattini costruisce delle sequenze drammatiche che mi fanno
pensare al supplizio di Cristo sul Calvario, costretto a portare la croce
nonostante le ferite inferte dai soldati romani. Dopo essere stato pestato dai
soldati, l’eroe è obbligato a trascinare il travois in cui è adagiato
Cico ferito. La successiva sequenza in cui Jenny, a sua volta gettata
brutalmente a terra dai militari, accorre verso uno Zagor spossato e
sanguinante, ricorda il disperato soccorso della Madre di Gesù, ingiuriata e
derisa, dopo la seconda caduta. Il supplizio dell’eroe arriva qui al suo
apogeo, ma da questo momento buio inizia la resurrezione di Zagor,
aiutato dalle intuizioni di Cico e dal coraggio delle ragazze di Pleasant
Point. Se il Male trova la strada di insinuarsi quasi ovunque, la forza morale
degli amici riesce a riportare la luce là dove dimoravano le tenebre.
Zagor, nemico mio!
Quale Mortimer vediamo agire in questo sesto capitolo della
sua epopea? È un Mortimer geniale come al solito, ma il cui glaciale autocontrollo
è stato definitivamente minato dalla tragica morte della sua Sybil nell’avventura
haitiana. Sembrerebbe lo stesso personaggio che abbiamo visto nel precedente
capitolo, ma in realtà si notano alcune sfumature evolutive. Se nell’avventura
sopracitata il genio del crimine era riuscito a razionalizzare la sua collera,
in questo racconto il personaggio non sempre riesce a trattenere la sua rabbia
nei confronti dell’eroe. Gli impulsi iracondi si fanno più frequenti,
come quando nel secondo albo (pp. 30-31) distrugge le suppellettili della
capanna della palude, o ancora quando, nel terzo albo (pp. 68-69), la sua
maschera facciale si deforma durante l’ultimo scontro con Zagor. In
quest’ultima sequenza gli Esposito Bros mostrano ancora di più le proprie
capacità interpretative. A dimostrazione di come il delirio interiore
riesca ad abbassare la soglia di attenzione di Mortimer, a pagina 73 de L’ultimo
duello Jenny si accorge di questo particolare – Ha lo sguardo
allucinato, come perso nel suo trionfo! – e, spingendolo di lato, dà il
tempo a Zagor di reagire in maniera definitiva.
Abbiamo visto come Mortimer sia diventato un personaggio molto diverso rispetto a quello apparso sulla scena nel 1998. Egli non è una statica maschera che ripete all’infinito cliché consolidati, ma un personaggio vivo in grado di dettare l’agenda al biografo che ne redige le avventure. Mortimer rimane un genio del crimine abile a manovrare a piacimento le pedine sulla scacchiera in modo da ricavarne un lauto guadagno economico: a pagina 74 di Zagor Gigante 678, infatti, il diabolico nemico nomina un qualcuno disposto a pagargli una grossa cifra per aver incastrato e tolto dalla circolazione Zagor. Il modo di agire di Mortimer segue quindi una coerente linearità, ma è evidente come la vendetta nei confronti di Zagor lo abbia gettato in un vortice nevrotico difficilmente controllabile. L’odio verso l’eroe di Darkwood gli ha creato una sorta di dipendenza: Mortimer era probabilmente consapevole di come questa sua recente ossessione lo avrebbe esposto ad errori e rischi e quindi, da tempo, egli ha pianificato la sua definitiva uscita di scena. È un’uscita di scena non comune, che è scritta nel DNA del personaggio: la sua personalità è talmente strabordante da escludere qualsiasi altra soluzione finale.
C'è un Cuore che batte nel cuore di Darkwood
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Zagor e Jenny. ©Sergio Bonelli Editore |
Tornando alle vicende narrate in questa storia, nel terzo albo lo Spirito con la Scure riflette sulle attenzioni e sul coraggio della ragazza (pp. 33-34), e credo che queste pagine siano propedeutiche all’evoluzione del rapporto tra i due. Un rapporto che potrebbe essere quello della consapevolezza dei personaggi e della serie: in questo periodo ben lontano dagli anni Settanta, una vicenda sentimentale non dovrebbe più essere un flash improvviso di cui nell’avventura successiva non c’è più traccia. È curioso notare, in conclusione del paragrafo, che l’onnisciente Mortimer non sappia chi sia la ragazza, ma intuisca dalle sue lacrime quali sentimenti nutra per l’eroe (ZG 679, p. 23).
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Zagor racconta a Jenny del suo viaggio in Italia: nell'immagine i Nostri restano incantati dalla bellezza di Venezia. ©Sergio Bonelli Editore |
Mortimer è stato realizzato graficamente da Gallieno Ferri,
ma è stato Marco Verni a dargli la caratterizzazione definitiva. Gli
Esposito Bros, dopo tre avventure realizzate da Verni, si confrontano per la
prima volta con il cattivo burattiniano. I due autori sono partiti dall’interpretazione
di Marco Verni per raggiungere una sintesi molto efficace. Poiché la
sceneggiatura dava molto spazio alle contrastanti emozioni del personaggio, Nando
e Denisio Esposito hanno lavorato molto sulle espressioni del suo volto. È
un Mortimer recitativo e teatrale, quindi gli Esposito Bros hanno dovuto
studiare molto la sua maschera facciale per evitare che risultasse statica o
innaturale. È indubbio che il loro certosino lavoro abbia dato un valore
aggiunto alla saga di Mortimer.
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