Zagor contro Mortimer - Capitolo 6



Nel pezzo pubblicato in questa sede a dicembre dello scorso anno ho riproposto una lunga recensione sul quinto capitolo della saga di Mortimer, uscita a suo tempo su Dime Web; l’articolo è stato per l’occasione aggiornato per segnalare le novità introdotte in questi ultimi anni. Una di queste va a toccare aspetti personali della vita dello Spirito con la Scure: ripensare al finale di quella avventura, con i segreti amorosi dell’eroe messi in piazza da Mortimer (il caso Virginia Humboldt), e osservare la robusta nervatura sentimentale di questo sesto capitolo dà alla serie un dinamico realismo. Gli sceneggiatori e gli autori che ne realizzano le storie (come tutti noi lettori, del resto) attraversano fasi della vita magari totalmente in antitesi rispetto agli anni precedenti. Questo concetto è valido anche per i personaggi della finzione, ancor di più per quelli decennali.

Mortimer ritorna dalla morte

I nemici trovano sempre un modo per sfuggire alla morte: è una regola non scritta ben conosciuta ai narratori di avventura. I cattivi sono l’essenza dei racconti avventurosi: proviamo a togliere dalle rispettive saghe di Tex e Zagor Mefisto ed Hellingen… Questi due villain, tra gli altri, hanno fortemente definito le personalità dei due eroi bonelliani e rappresentano uno scontro quasi apocalittico, che affonda le sue radici in opere millenarie come l’Odissea o l’IliadeBurattini ha cercato di contribuire alla significativa galleria di nemici zagoriani dando vita, nel lontano 1998, a Mortimer, un personaggio che, episodio dopo episodio, si è ritagliato uno spazio importante nella saga. Nel quinto capitolo la carriera di questo genio del crimine sembrava definitivamente chiusa, però l’autore aveva nascosto tra le righe di quel racconto una scappatoia per un suo possibile ritorno. Apprestandomi alla lettura de La diabolica trappola ho provato ad immaginare una soluzione all’enigma della resurrezione di Mortimer e non sono riuscito a individuarne una che avesse una sua logica. L’autore è riuscito a sorprendere e, da quanto ne so, molti di miei contatti sono rimasti sorpresi dall’idea scelta da Burattini. Nel racconto Ora Zero! (ZG 110-113) Guido Nolitta aveva fatto in modo che Zagor, tramite una strana erba medica datagli da Tonka, cadesse in catalessi: Hellingen, ignaro del fatto, prende atto della morte del Nostro e lo lascia lì nella baracca (una situazione, tra l’altro, mutuata da alcuni romanzi di Emilio Salgari) rimandando al giorno dopo la sepoltura del corpo. Poche ore dopo, come Sandokan, lo Spirito con la Scure si rianima e si prende la sua rivincita...

Mortimer osserva le due pillole: la bianca e la nera.
©Sergio Bonelli Editore

Burattini in questo racconto utilizza un espediente simile, ma aggiunge delle plausibili informazioni scientifiche sulla pillola ingerita da Mortimer. Nel flashback vediamo il farmacista amico di Mortimer spiegargli come agiscono le pillole mettendolo in guardia dagli eventuali rischi. Nelle pagine iniziali del primo dei tre albi, tra l’altro, lo sceneggiatore ha inserito in maniera subliminale l’indizio che a parer mio anticipa l’estrema scelta finale di Mortimer: andatevi a rivedere la terza vignetta di pagina 15 de La diabolica trappola. Nonostante chi scrive sia consapevole di questi trucchi, più volte utilizzati dallo sceneggiatore, esso è sfuggito alla mia attenzione: solo dopo l’inaspettato finale sono andato a cercare l’indizio che la mia mente aveva inconsciamente registrato.

Tra l’altro, nascondere nelle prime pagine una frase o una situazione in apparenza fine a sé stessa è un espediente narrativo più volte adottato dalla grande Agatha Christie in alcuni suoi romanzi. Stratagemmi ben noti ai lettori, ma, nonostante ciò, puntualmente sfuggiti anche ai più attenti. Questo perché, come ha scritto Leonardo Sciascia nella postfazione de L’assassinio di Roger Ackroyd (Oscar Mondadori, p. 224), il lettore di gialli è costituzionalmente disattento, si costituisce cioè in disattenzione nel momento in cui sceglie di leggere un giallo. E del resto la qualità di un giallo è data dalla capacità di tendere il mistero quanto più lungamente è possibile e dall’imprevedibilità dello scioglimento finale.

Se hai degli amici, non perderai mai

Nel Paleolitico gli esseri umani erano cacciatori-raccoglitori e vivevano in piccole comunità che si spostavano seguendo le prede e cercando luoghi ricchi di frutti con cui sfamarsi. Quei primi nostri antenati abitavano un mondo selvaggio dove la presenza umana era molto rada. Per supplire alle enormi difficoltà avevano un forte senso di comunità: si aiutavano tra di loro come se fossero un solo uomo, perché erano consapevoli che dividersi avrebbe significato morire di stenti o finire tra le fauci di qualche belva

Nel mondo immaginario di Darkwood lo Spirito con la Scure ha affrontato innumerevoli avversari, ma ogni volta l’eroe ha avuto il supporto di molti amici, capaci di muoversi in suo aiuto come facevano i gruppi di cacciatori-raccoglitori agli albori dell’umanità. In questa avventura, dinanzi alle pesanti accuse di aver ucciso dei militari, si nota come la solidarietà degli amici di Darkwood si mobiliti per aiutare l’eroe in difficoltà. Burattini riesce a raccontare la Darkwood comunitaria come faceva Nolitta: E gli amici che ho, dice Zagor a Mortimer, me li sono guadagnati, schierandomi al loro fianco ogni volta che hanno avuto bisogno di me (L’ultimo duello, p. 94). Tutti gli amici di Zagor non si girano dall’altra parte dinanzi alle infamanti accuse che rischiano di travolgerlo: Cico, le ragazze di Pleasant Point, il colonnello Perry. Quest’ultimo, dopo aver casualmente incontrato il fuggitivo Zagor, non esita a lasciarlo andare, con il rischio concreto di compromettere la propria carriera e la propria reputazione, convinto che l’eroe debba soltanto trovare le prove della sua innocenza. Un’innocenza di cui il militare non dubita: la legge in uno stato di diritto impone giustamente che la verità debba essere dimostrata con prove certe. Purtroppo, nella finzione e nella realtà, in alcuni settori dei potentati dell’economia, o degli ambienti militari, o anche in quello di chi amministra la giustizia accade che alcuni personaggi utilizzino il proprio potere per distruggere gli avversari, creando ad arte prove false e infamanti. L’eroe e il colonello Perry, come tutte le persone consce della verità, non sfuggono alla legge ma attraverso la legge si oppongono e ottengono Giustizia. Per fortuna, personaggi classici come Tex e Zagor hanno il coraggio di smascherare i soprusi di chi detiene il potere o amministra la legge: per questo sono degli Eroi.

L’amicizia fraterna non si ferma neanche davanti all’estremo rischio della vita: nell’albo Mortimer colpisce ancora, dopo la cattura di Zagor, Burattini costruisce delle sequenze drammatiche che mi fanno pensare al supplizio di Cristo sul Calvario, costretto a portare la croce nonostante le ferite inferte dai soldati romani. Dopo essere stato pestato dai soldati, l’eroe è obbligato a trascinare il travois in cui è adagiato Cico ferito. La successiva sequenza in cui Jenny, a sua volta gettata brutalmente a terra dai militari, accorre verso uno Zagor spossato e sanguinante, ricorda il disperato soccorso della Madre di Gesù, ingiuriata e derisa, dopo la seconda caduta. Il supplizio dell’eroe arriva qui al suo apogeo, ma da questo momento buio inizia la resurrezione di Zagor, aiutato dalle intuizioni di Cico e dal coraggio delle ragazze di Pleasant Point. Se il Male trova la strada di insinuarsi quasi ovunque, la forza morale degli amici riesce a riportare la luce là dove dimoravano le tenebre.

Zagor, nemico mio!

Quale Mortimer vediamo agire in questo sesto capitolo della sua epopea? È un Mortimer geniale come al solito, ma il cui glaciale autocontrollo è stato definitivamente minato dalla tragica morte della sua Sybil nell’avventura haitiana. Sembrerebbe lo stesso personaggio che abbiamo visto nel precedente capitolo, ma in realtà si notano alcune sfumature evolutive. Se nell’avventura sopracitata il genio del crimine era riuscito a razionalizzare la sua collera, in questo racconto il personaggio non sempre riesce a trattenere la sua rabbia nei confronti dell’eroe. Gli impulsi iracondi si fanno più frequenti, come quando nel secondo albo (pp. 30-31) distrugge le suppellettili della capanna della palude, o ancora quando, nel terzo albo (pp. 68-69), la sua maschera facciale si deforma durante l’ultimo scontro con Zagor. In quest’ultima sequenza gli Esposito Bros mostrano ancora di più le proprie capacità interpretative. A dimostrazione di come il delirio interiore riesca ad abbassare la soglia di attenzione di Mortimer, a pagina 73 de L’ultimo duello Jenny si accorge di questo particolare – Ha lo sguardo allucinato, come perso nel suo trionfo! – e, spingendolo di lato, dà il tempo a Zagor di reagire in maniera definitiva.

Abbiamo visto come Mortimer sia diventato un personaggio molto diverso rispetto a quello apparso sulla scena nel 1998. Egli non è una statica maschera che ripete all’infinito cliché consolidati, ma un personaggio vivo in grado di dettare l’agenda al biografo che ne redige le avventure. Mortimer rimane un genio del crimine abile a manovrare a piacimento le pedine sulla scacchiera in modo da ricavarne un lauto guadagno economico: a pagina 74 di Zagor Gigante 678, infatti, il diabolico nemico nomina un qualcuno disposto a pagargli una grossa cifra per aver incastrato e tolto dalla circolazione Zagor. Il modo di agire di Mortimer segue quindi una coerente linearità, ma è evidente come la vendetta nei confronti di Zagor lo abbia gettato in un vortice nevrotico difficilmente controllabile. L’odio verso l’eroe di Darkwood gli ha creato una sorta di dipendenza: Mortimer era probabilmente consapevole di come questa sua recente ossessione lo avrebbe esposto ad errori e rischi e quindi, da tempo, egli ha pianificato la sua definitiva uscita di scena. È un’uscita di scena non comune, che è scritta nel DNA del personaggio: la sua personalità è talmente strabordante da escludere qualsiasi altra soluzione finale.


L'ultima fuga di Mortimer. ©Sergio Bonelli Editore

È un Mortimer che esce dal palcoscenico in maniera clamorosa e dimostra di avere una sua dignità, per quanto distorta dalla sua visione della vita: Abbiamo combattuto una lunga guerra, noi due. Ma anche se sembri il vincitore, non illuderti di essere stato alla mia altezza. In questa ultima partita sei stato fortunato, e hai ricevuto l’aiuto dei tuoi amici. Io, invece, ho combattuto da solo. Ma c’è ancora una mossa che posso fare… qualcosa che ho preparato per tempo (ZG 679, p. 94). Possiamo ancora parlare di dignità del villain quando, nella pagina sopracitata, risponde ironicamente alle parole di Zagor sull’amicizia; e quando, dopo che Mortimer ha inaspettatamente ingerito la pillola fatale, l’eroe riconosce il genio dell’avversario: Avevi ragione, Mortimer! Sei riuscito a sorprendermi e farti gioco di me... con un ultimo colpo da Maestro (p. 96). Mortimer mette in atto la sua ultima imprevedibile evasione, fuggendo là dove nessuno potrà vederlo penzolare da una forca.

 C'è un Cuore che batte nel cuore di Darkwood



All’interno di questa avventura corale, in cui diversi personaggi svolgono un ruolo fondamentale, da Cico al colonello Perry, la luce dei riflettori si posa in maniera netta sulla figura di Jenny Jerson (il cognome è citato nel quarto numero di Zagor Darkwood Novels, a pagina 66), una delle tre ragazze di Pleasant Point. Sin dalle prima pagine di Zagor Gigante 677, la ragazza è molto attenta e presa dai racconti di Zagor: vuole scoprire se l’eroe nei suoi recenti viaggi abbia avuto relazioni con altre donne; è interessata ad ascoltare le vicende vissute dal Nostro in luoghi lontani; cerca di rivelare i sentimenti che noi lettori ben sappiamo, grazie alle capacità di Sophie Randall di leggere nella
mente degli altri. La figura di
Jenny ha iniziato il suo nuovo percorso nel Maxi Zagor 39 (ed è apparsa in seguito anche nello Speciale Cico del Sessantennale e in brevi comparse in vari racconti), ma a partire dall’avventura con protagonista la figlia di Skull la ragazza ha mostrato la sua notevole caratura drammatica e psicologica. In quella storia lo sceneggiatore ha infatti dato il via a una sorta di saga nella saga che probabilmente si concluderà la prossima estate in un racconto disegnato da Anna Lazzarini
Gli indizi disseminati fin qui lascerebbero intuire sviluppi importanti, che scopriremo alla fine di questa trilogia dell’amore. Non sappiamo cosa abbia ideato Moreno Burattini, ma se mai l’eroe di Darkwood dovesse avere una donna al suo fianco, Jenny sarebbe la compagna ideale per un uomo dalla vita avventurosa ed errabonda come quella di Zagor. Jenny è nata e vive felice a Darkwood, conosce le difficoltà della vita di Frontiera, ma è anche consapevole delle opportunità che la foresta può offrire. La giovane donna condivide gli stessi ideali di Zagor: insomma, al contrario di donne come Frida o Virginia, è una ragazza immersa nello stesso mondo in cui lo Spirito con la Scure è diventato leggenda.

Zagor e Jenny. ©Sergio Bonelli Editore

Tornando alle vicende narrate in questa storia, nel terzo albo lo Spirito con la Scure riflette sulle attenzioni e sul coraggio della ragazza (pp. 33-34), e credo che queste pagine siano propedeutiche all’evoluzione del rapporto tra i due. Un rapporto che potrebbe essere quello della consapevolezza dei personaggi e della serie: in questo periodo ben lontano dagli anni Settanta, una vicenda sentimentale non dovrebbe più essere un flash improvviso di cui nell’avventura successiva non c’è più traccia. È curioso notare, in conclusione del paragrafo, che l’onnisciente Mortimer non sappia chi sia la ragazza, ma intuisca dalle sue lacrime quali sentimenti nutra per l’eroe (ZG 679, p. 23).


Zagor racconta a Jenny del suo viaggio in Italia: 
nell'immagine i Nostri restano incantati dalla
bellezza di Venezia.
©Sergio Bonelli Editore

Un super nemico per gli Esposito Bros

Mortimer è stato realizzato graficamente da Gallieno Ferri, ma è stato Marco Verni a dargli la caratterizzazione definitiva. Gli Esposito Bros, dopo tre avventure realizzate da Verni, si confrontano per la prima volta con il cattivo burattiniano. I due autori sono partiti dall’interpretazione di Marco Verni per raggiungere una sintesi molto efficace. Poiché la sceneggiatura dava molto spazio alle contrastanti emozioni del personaggio, Nando e Denisio Esposito hanno lavorato molto sulle espressioni del suo volto. È un Mortimer recitativo e teatrale, quindi gli Esposito Bros hanno dovuto studiare molto la sua maschera facciale per evitare che risultasse statica o innaturale. È indubbio che il loro certosino lavoro abbia dato un valore aggiunto alla saga di Mortimer.

Per il resto, gli Esposito hanno confermato la capacità di centrare i personaggi che affollano l’avventura, da quelli classici a quelli più recenti come le ragazze di Pleasant Point. La loro è un’interpretazione che strizza l’occhio alla classicità zagoriana, arricchita con una dinamicità ispirata alla lezione del grande Jack Kirby.

Zagor incontra Mary Shelley a Genova.
©Sergio Bonelli Editore


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